— dipingere con l'acqua, divertiamoci e chiacchieriamo
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Ricordi

E’ passato tantissimo tempo, anni, tanti anni, troppi anni, era una vita che non tornava in quel posto, non ricordava nemmeno quale era stata l’ultima volta che c’era stato. Ricordava solo che in quel posto in quel paese ai bordi di quel lago ci veniva solo nei periodi estivi, ci veniva con i familiari per i due canonici mesi di vacanze, poi come succede nella vita, non erano più tornati. Ora era qui, era tornato anche se non aveva capito cosa lo aveva spinto a quel viaggio dopo così tanto tempo e la scusa che aveva dato alla moglie. Quanti anni erano passati, 20, no forse di più. Fermò l’utilitaria e spinse lo sguardo oltre il muretto che faceva da ciglio della strada. Spinse lo sguardo oltre e vide quello che si aspettava data la giornata. Piombo grigio, umidità, pioggerella costante, piombo e tutto intorno l’acqua del lago piatta, uniforme, immobile come un tessuto su un tavolo, immobile con chiazze di colore grigio, e macchie tinteggianti che a lui erano familiari, che aveva impresse ma che non ricordava perché era da tempo che non le viveva. Ricordi nascosti esplosero in un susseguirsi di immagini dimenticate ed ora evocate. Una insinuante nostalgia lo colse di sorpresa lasciandolo disorientato. Tutto, tutto come uscito da un contenitore dove i ricordi erano rimasti intrappolati e tutto gli tornò alla mente in modo così subitaneo che lo sconvolse. Improvvisamente si ricordò di tutto, si ricordò dei parenti che ogni anno lo ospitavano, si ricordò di Agnese quella ragazzina con cui passava le dolci serate estive chiacchierando, si ricordò di Giuseppe il coetaneo con cui andava in acqua per le battute di pesca su quella barchetta sgangherata che chiamavano quattrassi, si ricordò della vita libera e delle poche regole che riempivano quei periodi estivi. Si ricordò di tutto, dei grappoli di uva rubacchiati al di là delle recinzioni, dell’albero di albicocche che in quel periodo erano dolcissime, le stradine di acciottolato sotto il rumore degli zoccoli, del venticello teso che irrompeva ogni pomeriggio, dei giochi che faceva con gli altri ragazzi, giochi di guerre, di banditi delle interminabili partite a calcio giocate nella piazzetta. Ricordi lontani, ricordi remoti ma adesso impressi e nitidi. La pioggia gli inumidisce il viso guarda attonito l’acqua e sente che manca qualche cosa. Cosa, manca? Mancano dei particolari ne è sicuro, c’è un angolo del contenitore dei ricordi che non si è vuotato, quell’angolo non si vuota ma perché? Ne è sicuro manca qualche cosa. Ma quel ricordo non emerge, manca un tassello manca un ricordo che non esce, allora socchiude gli occhi e si appoggia allo schienale dell’auto nel silenzio quasi assoluto. Cosa manca e perché non esce, ne è sicuro manca qualche cosa. Poi quasi si appisola e una specie di sogno lo riporta al presente e all’improvviso il ricordo nascosto ha la meglio e si palesa, prima con vaghi particolari poi come un’onda che lo travolge e adesso capisce che sarebbe stato meglio non ricordare. Corinna. Corinna quella ragazzina che indossava sempre abiti chiari e che aveva un sorriso che gli faceva sciogliere le budella nella pancia. Si ricordò di quel pomeriggio che era con lei. Corinna con il solito abito chiaro ed il perenne costume da bagno sotto l’abito. Si ricordò la di lei promessa di un bacio, il primo tra loro due, che ci sarebbe stato quella sera quando si sarebbero rivisti dopo cena. Ricordò che andarono a piedi sino alla spiaggetta quasi sempre deserta ricordò come lei si tolse l’abito e salì su un sasso, una specie di trampolino, e la ricordò ferma su quel sasso, ricordò il suo corpo morbido di adolescente, ricordò che lei lo chiamò “dai vieni buttiamoci”, ricordò che si svestì e che stava per seguirla, ricordò che lei si buttò in acqua, ricordò che per un momento la vide in trasparenza che nuotava verso la zona più scura e più profonda, ricordò che lei si immerse in quell’ombra e poi con un dolore straziante ricordò che non la vide più, si ricordò che lei non risalì più, si ricordò.

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